Dal Pretotyping al Boom: Strategia, Go to Market e Posizionamento nel caso-studio Fishwife”
Come due outsider, zero ADV e una Beta Box brandizzata hanno scardinato un mercato da 2,6 miliardi, trasformando una commodity in status-symbol culturale.
Questa di oggi è una newsletter che va un pò fuori il mio settore di riferimento “Saas B2B”, perchè si tratta di un Caso Studio di un brand DTC (direct to consumer) che vende pesce in scatola. Tolto questo gli argomenti sono sempre gli stessi: Strategia, Posizionamento, Go to Market in fase early stage.
Ho voluto affrontare questo cambio di panorama per 3 motivi:
Per esperienza personale: per anni ho lavorato come direttore marketing in una media-grande azienda del settore cosmetico. Prodotti fisici, distribuzione omnicanale, dinamiche B2B e B2C
Per passione: perchè i brand del settore DTC li considero un laboratorio perfetto per osservare il marketing in azione, senza filtri e più “selvaggio”
Per principio: che tu venda software o sgombro in lattina, le regole del gioco in early stage non cambiano. Focus estremo su Target, proposta di valore, differenziazione, valgono sempre.
Analizzeremo come due founder, senza alcuna esperienza nel settore e pochi soldi, sono riuscite a:
Costruire un brand in un mercato maturo, opaco, indifferenziato e dominato da grandi player industriali. Un settore ad alta barriera d’ingresso, dove la leva principale è sempre stata il prezzo.
E no, non hanno usato l’ADV per testare il prodotto, validare il concept o far partire le vendite.
E questo è il punto su cui voglio insistere.
In Italia è ancora fortissima l’idea che l’advertising sia la chiave per tutto: testare un prototipo, validare un’idea, vendere, scalare.
Come se fosse l’unico strumento disponibile.
Non dico che l’ADV non serva — anzi, in certi casi è fondamentale.
Ma è ora di considerare alternative, soprattutto in fase di validazione
Sì, anche quando hai bisogno di volumi in poco tempo.
Perché oggi i costi sono alle stelle, il targeting è impreciso, e se sei all’inizio, non hai né pixel né retargeting a supportarti.
In Italia succede spesso così: o hai l’intuizione e parti subito a costruire tutta la macchina — fornitori, produzione, struttura — bruciando tempo e capitale senza aver mai parlato davvero con il mercato, oppure lasci perdere, convinto che “senza soldi non si può fare”.
Ma c’è una terza strada. Una via poco battuta, ma potentissima: testare prima di costruire. È quella che Alberto Savoia chiama pretotyping — dimostrare che qualcuno vorrà davvero quello che stai pensando di creare, prima di crearlo davvero.
Non servono budget milionari per validare un'intuizione. Serve il coraggio di non costruire subito. Serve la voglia di cercare conferme reali, anche in piccolo, prima di impilare costi fissi su costi fissi.
Fishwife lo ha fatto prima dell’AI, di Lovable, di Bolt e altri strumenti che hanno resto il pretotyping accessibile a tutti.
Oggi il muro più grande non è la produzione, cosa che lo era prima, oggi è la distribuzione, ma rimane il fatto che un buon marketing non può ovviare alla mancanza di un buon prodotto o di un prodotto che sia in linea con le “nuove richieste” di un preciso segmento di mercato.
Riassunto per chi non vuole leggere tutto:
Scoprirai come Fishwife, partendo da zero, ha trasformato un alimento considerato “commodity” in un cult brand che detta legge nella dispensa dei Millennials USA. Ecco la road-map – in 8 mosse – che potrai riapplicare subito ai tuoi progetti (anche se vendi software e non sardine):
Scovare l’insight nascosto
Identificare il vuoto fra la voglia di girl-dinner premium e l’offerta di lattine old-school noiose e di quaità media-bassa, leggendo i segnali culturali prima dei dati.
Smontare lo status quo del settore
Mappare barriere tecniche, logistiche, culturali e commerciali per trasformarle in leve di differenziazione (mentre i big dormono sugli scaffali).
Partire dal brand, non dalla fabbrica&supplychain
Costruire valori, tono di voce e visual iconico prima di avere un prodotto proprietario: la confezione come manifesto culturale. Ma perchè hanno deciso di partire dal brand? Perchè gli è venuto naturale avendo know-how di marketing, quindi le competenze del Team sono fondamentali per decidere da dove partire.
Brand differenziato con micro-budget
Packaging pop illustrato, storytelling irriverente e PR organiche al posto delle mega-campagne paid: zero ADV, massimo word-of-mouth.
Lanciare senza prodotto grazie al pretotyping
La “Beta Box” sold-out in un’ora: tre lattine white-label + brand identity per testare desirabilità, pricing e community prima di investire in produzione.
Dalla prova alla catena di fornitura
Validato il concept, costruire filiera tracciabile e gourmet, scalando soltanto ciò che conferma la promessa di qualità e sostenibilità.
Gestire Halo & Hype come un asset
Prima reputazione (halo) tramite creator, micro-media e partnership affini; poi dosi mirate di hype per ogni drop o co-branding limited edition.
Crescita coerente via partnership strategiche
Collaborazioni con brand DTC “like-minded” (Fly By Jing, Brightland, Parade…) per ampliare audience senza diluire l’identità – anzi, rendendola sempre più riconoscibile.
P.S. alla fine trovi 3 Approfondimenti su:
Approfondimento 1: attività messe in piedi dopo il lancio con la Beta Box, che gli hanno permesso di mettere le basi per diventare uno dei brand cult del settore food
Approfondimento 2: come nasce un prodotto culturale che è in grado di lavorare in egual misura su hype and halo
Approfondimento 3: how small brand growth
Come ci sono riuscite?
Lo vediamo smontando la storia di questo brand pezzo per pezzo, facendo emergere tutte le micro-scelte che hanno gettato le basi nei primi mesi e fare il grande passo da 0 a 1!
FISHWIFE
STATUS QUO:
partiamo descrivendo il CONTESTO
Nel 2020, il mercato statunitense del pesce in scatola era dominato da pochi grandi marchi tradizionali, con prodotti standardizzati e un'immagine poco attraente per i consumatori più giovani. Il consumo di tonno in scatola, sardine e altri prodotti ittici confezionati era diffuso, con un valore di mercato annuo di circa 2,6 miliardi di dollari nel 2021.
Il pesce in scatola veniva percepito come una commodity: economico e pratico, ma raramente innovativo o di tendenza.
Veniva associato a Praticità, più che a Desiderabilità!
I prodotti sugli scaffali dei supermercati avevano un aspetto omogeneo e datato, con confezioni blu e bianche e un pesciolino verde, senza alcun richiamo alla tradizione culinaria o ad aspetti più appetitosi del prodotto.
Gli incumbent si sentivano al sicuro dietro un fossato ben consolidato: una filiera complessa che, per anni, aveva rappresentato una barriera naturale all’ingresso e scoraggiato qualsiasi nuovo concorrente.
Lo STATUS QUO era chiaro: confezioni tutte uguali, pesci anonimi e packaging anni ‘80. Nessuno parlava di brand. Nessuno parlava con gli utenti.
MA qualcosa stava coambiando. GLI UTENTI stavano cambiando.
Barriere all’ingresso e Debolezze Strutturali del Settore
A guardarlo da fuori, il mercato del pesce in scatola poteva sembrare statico ma semplice, fatto di lattine su scaffali e scelte poco emozionanti al supermercato. Ma per chi provava ad entrarci da zero, era davvero complesso. Nel 2020, quando Fishwife comincia a muovere i primi passi, le barriere all’ingresso nel settore conserviero ittico erano ovunque: tecniche, logistiche, culturali e commerciale
TECNICO: La prima sfida era tecnica, ma non nel senso digitale a cui sono abituate molte startup: si trattava di imparare a maneggiare un’industria pesante, concreta, fatta di reti da pesca, norme sanitarie, processi di inscatolamento, catene del freddo e sistemi di certificazione. Una filiera che si sviluppa per mare e per terra, e in cui nulla si improvvisa. “C’è stata un’enorme curva di apprendimento”, ha raccontato Becca Millstein, cofondatrice di Fishwife. Tradotto: la distanza tra l’intuizione iniziale – dare un volto nuovo al pesce in scatola – e la realizzazione concreta era fatta di mesi di studio, errori, email senza risposta, trattative con produttori che non avevano mai sentito parlare di direct-to-consumer o storytelling di brand.
LOGISTICO: Trovare fornitori disposti a credere in una visione nuova è stato un ostacolo in sé. Le canneries, ovvero le aziende specializzate nella trasformazione e inscatolamento del pesce, lavoravano da decenni con i grandi player industriali. Abituate a produzioni massive e standardizzate, difficilmente si adattavano alle richieste di una startup che voleva, ad esempio, piccole forniture di acciughe affumicate con packaging illustrato da artiste indie. E non era solo una questione estetica o di volumi: per costruire un prodotto coerente con i valori dichiarati da Fishwife – tracciabilità, sostenibilità, qualità – servivano partner allineati anche sul piano etico. Non era scontato trovarli.
CULTURALE: Una barriera ancora più silenziosa era nascosta nel modo stesso in cui funzionava – o meglio, non funzionava – la filiera del pesce. Becca l’ha definita “foggy”: nebbiosa, opaca, difficile da decifrare. Nella maggior parte dei casi, né il venditore né il consumatore sapevano da dove arrivasse esattamente quel tonno nella lattina, chi lo avesse pescato, con quali metodi e in quale parte del mondo. Il sistema si reggeva su abitudini consolidate, sulla fiducia cieca nei grandi brand, e su una comunicazione quasi assente. In un’epoca in cui i consumatori più giovani cominciavano a pretendere trasparenza, tracciabilità e sostenibilità vera – non greenwashing –, questa opacità diventava un punto critico. Ma anche un’opportunità.
COMMERCIALE: qui la questione era ancora più dura. I grandi marchi occupavano gli scaffali della grande distribuzione come vecchie casate aristocratiche: solidi contratti, rapporti ultradecennali con i buyer, logistiche oliate. Per una nuova realtà come Fishwife, non c’era spazio nei supermercati. E, a dire il vero, c’era anche poco spazio nell’immaginazione dell’industria: pochi, prima del 2020, avrebbero scommesso su una startup DTC nel settore del pesce in scatola. Era un mercato visto come chiuso, immune alle mode, poco “sexy” da raccontare. Il solo fatto di voler costruire un brand in questo spazio appariva, per molti, un azzardo.
Eppure, è proprio da qui che inizia la rottura. Perché i bravi founder proprio dove ci sono barriere, sanno che possono trasformarle in OPPORTUNITA’. Chi riesce a muoversi con intelligenza tra le pieghe di questi ostacoli, può creare spazio per qualcosa di radicalmente nuovo.
ll WHY IT’S BROKEN: nuovi desideri, vecchie offerte - Il desiderio sotto la superficie: cosa volevano davvero i consumatori nel 2020
Perchè questo status quo non poteva funzionare a lungo, dove si stava rompendo il settore?
La risposta è a causa dei cambiamenti comportamentali e culturali delle persone.
Negli ultimi anni, soprattutto tra Millennials e Gen Z cresceva voglia di cibo di qualità, trasparente, sostenibile e... cool.
Proprio questi INSIGHT CULTURALI sono stati sfruttati da Fishwife per diventare la loro base valoriale:
voglia di cibo di qualità
La cultura del tinned fish europeo (le conservas spagnole, le acciughe del Cantabrico) stava entrando nell’immaginario di nicchie americane sempre più ampie. Il cibo da dispensa stava diventando una "esperienza" visiva, valoriale e condivisibile.
sapere da dove viene il cibo che mangiamo
La filiera ittica, storicamente poco trasparente, appariva per molti come una giungla torbida. Troppi passaggi, poche garanzie. E se nel 2020 l’attenzione alla sostenibilità stava crescendo ovunque dai sacchetti compostabili al boom delle alternative vegetali, il pesce in scatola continuava a vivere in un limbo opaco. Non bastava più scrivere “wild caught” sull’etichetta: i consumatori volevano storie vere, tracciabilità, certificazioni reali. E invece, troppo spesso, si trovavano di fronte a un prodotto senza volto e senza voce.
il bisogno di estetica, identità, appartenenza
bisogno meno dichiarato, ma potentissimo. Sotto l’effetto combinato della pandemia e di TikTok, milioni di giovani avevano trasformato la cucina in palcoscenico e la dispensa in contenuto. Era l’era delle girl dinner, dei flat lay curati con crackers, formaggi, frutta secca… e sì, anche scatolette di sardine, se solo fossero state abbastanza belle da essere fotografate. Il cibo, anche il più semplice, era diventato storytelling quotidiano. E nessuno voleva mettere su Instagram una lattina grigia con un pesce disegnato male.
E nessun marchio americano stava davvero portando quel tipo di esperienza sulla tavola del pubblico mainstream.
Il risultato? Un vuoto d’offerta nel segmento premium. Un gap tra il tonno pallido e asciutto del supermercato e le conserve da 15 dollari l’una importate da Bilbao. Un buco che iniziava a farsi notare tra foodie, salutisti e Millennial curiosi.
Serviva un nuovo linguaggio visivo, un’estetica ironica e pop, capace di far dialogare un alimento vintage con la cultura digitale del presente.
In poche parole, i consumatori erano pronti. Ma il mercato no.
Nel vuoto tra queste tensioni si è infilata Fishwife. Non per riempire uno scaffale, ma per riempire un vuoto culturale.
Perché dove il mercato vedeva solo commodity, loro hanno visto conversazioni, identità, emozione.
E così, la piccola scatoletta di pesce era pronta per diventare il simbolo di qualcosa di molto più grande.
Bisogna anche trovarsi nel posto giusto al momento giusto:
L’idea di Fishwife nasce in un contesto inaspettato: una pandemia globale, una cucina condivisa a Los Angeles, e due ragazze con background creativi ma lontani dall’industria alimentare. Chi sono le 2 founder:
Becca Millstein, esperta di brand partnership nella musica, e Caroline Goldfarb, autrice TV e volto noto sui social, passano insieme il lockdown del 2020 come coinquiline.
Mentre l’America cuoce pane fatto in casa e banana bread, loro si ritrovano a cenare con combinazioni fantasiose di snack, cracker… e scatolette di pesce.
Non è solo comodità.
Becca sviluppa una vera passione per il pesce in scatola, un amore nato anni prima, durante un viaggio studio in Spagna. Là, nelle botteghe locali, scopre l’universo colorato e raffinato delle conservas iberiche: sardine affumicate, polpo in olio d’oliva, presentati in lattine illustrate che sembrano gioielli.
Tornata negli Stati Uniti, però, si accorge che l’offerta americana è ferma al tonno light per insalate tristi.
Durante un’escursione, arriva il classico momento di illuminazione: se loro due, appassionate di gusto, stile e comunicazione, adorano il tinned seafood, quanti altri potrebbero farlo?
Ma soprattutto: perché nessun brand americano si è ancora preso la briga di proporlo in modo moderno, sostenibile e visivamente accattivante?
È lì che nasce Fishwife: un’idea semplice quanto potente.
Creare un brand locale che rivaluti il pesce in scatola non come prodotto di seconda categoria, ma come vera e propria delicacy quotidiana. Il tutto, con uno spirito pop, femminile, e ironico.
Il nome scelto è una dichiarazione d’intenti. Fishwife è un termine inglese arcaico che indicava le donne dei pescatori che vendevano il pesce al mercato. Con il tempo, però, era diventato un insulto sessista: donna volgare, sguaiata. Becca e Caroline decidono di riappropriarsene con orgoglio, trasformandolo in un simbolo di forza, creatività e indipendenza. Come a dire: “Sì, siamo fishwife. E ne andiamo fiere.”
Non solo miglior prodotto, ma miglior racconto.
UVP: trasformare il pesce in scatola in qualcosa di etico, premium e accattivante.
Pesca tracciabile, sostenibile, cooperazione con piccole realtà locali.
Ingredienti gourmet e ricette raffinate.
USP: elevare un prodotto percepito come povero in un’esperienza culturale, estetica e gustativa. Da scatoletta da discount a oggetto da collezione.
Illustrazioni artistiche firmate da Danny Miller.
Packaging instagrammabile.
Ironia e tono pop (Fishwives, girl dinner, hot girl food).
Con Fishwife volevano vendere uno stile di vita: giovane, femminile, sostenibile, accessibile. Un posizionamento perfettamente chiaro e coerente.
La pandemia, paradossalmente, è il tempo perfetto per costruire.
Con l’industria musicale ferma e più tempo a disposizione, Becca prende in mano il progetto, mentre Caroline mantiene un ruolo più marginale nel tempo.
Nasce così Fishwife: una risposta a un bisogno latente, una visione culturale e commerciale che trasforma una commodity in un’esperienza.
Più che una startup alimentare, Fishwife è fin da subito una dichiarazione culturale: portare il tinned seafood sulla tavola dei giovani americani, non come ripiego ma come scelta. Una scelta buona, sana, bella e — finalmente — desiderabile.
COSA SIGNIFICA e COME si crea un PRODOTTO che influenza la cultura
come Fishwife ha previsto il futuro (e lo ha creato)
[in Approfondimento 3 trovi un’analisi su come si crea un prodotto che influenza la cultura: HYPE&HALO]
Quando si parla di futuro, siamo abituati a pensare in termini tecnologici: nuove app, nuovi canali di distribuzione, nuove forme di automazione. Ma i cambiamenti più potenti non sono quelli tecnologici. Sono quelli culturali.
E le 2 founder, hanno costruito tutto il brand scommettendo su un cambiamento culturale ancora sotto traccia.
Becca Millstein e Caroline Goldfarb non hanno solo visto un'opportunità di business: hanno intuito che qualcosa, nel rapporto degli americani con il cibo, stava cambiando. Sempre più persone cercavano alternative sane, sostenibili e veloci ai pasti tradizionali. Le girl dinners—pasti informali, spesso consumati da sole, composti da snack e piccole porzioni—stavano emergendo come nuova norma alimentare. Le conserve di pesce, a lungo relegate tra i cibi “poveri”, si prestavano perfettamente a questa nuova grammatica alimentare: versatili, buone, pronte subito.
Ma sapevano che non bastava mettere del pesce in una lattina per intercettare quel cambiamento. Serviva un’estetica in grado di far parlare, un’identità in grado di farsi desiderare, un tono capace di attivare immaginari. Serviva, in sintesi, creare un prodotto culturale.
Ecco perchè un brand deve avere un proprio POV sul mercato e che funziona di più se è fondato sulle nascoste, nascenti Insight culturali di un ben definito segmento di mercato.
Fishwife non ha influenzato il mercato.
Ha influenzato la cultura.
E lo ha fatto costruendo un intero ecosistema di senso attorno al proprio brand. Non si è limitata a vendere conserve ittiche, ma ha venduto un nuovo modo di mangiare, di stare a tavola, di sentirsi parte di qualcosa.
COME SI SONO MOSSE OPERATIVAMENTE?
Il mercato era stato osservato con attenzione.
Gli insight erano chiari.
Il segmento giusto era stato definito.
La strategia sembrava promettente.
Sulla carta, tutto aveva senso.
Ma poi arriva quel momento:
Il passaggio da 0 a 1.
Il momento in cui le idee devono diventare esecuzione.
Non il lancio ufficiale.
Non la strategia GTM completa.
Ma le prime 3-5 azioni operative che rendono reale un business.
Ed è lì che molti foudner si bloccano o ipercomplicano il tutto.
Analizziamo cosa hanno fatto loro per vedere cosa si può riprendere e rendere ripetibile
PARTIAMO DA dove e come hanno trovato i soldi per iniziare
Opzione bootstrapping e risparmi di:
familiari
amici
le due founder
hanno finanziato i primi otto mesi, coprendo le spese iniziali di sviluppo design del brand, test, packaging e prime prove di marketing. [pretotyping]
Poi quando hanno intuito il potenziale culturale e commerciale del brand, dato dalle prime reazioni entusiaste dei clienti e dal volume delle prime vendite, hanno deciso di puntare più in alto. Senza contatti nel mondo del food o del venture capital, Millstein ha scelto una via creativa e coraggiosa: cercare online liste di angel investor interessati al mondo food e direct-to-consumer. Ha scritto loro cold email, raccontando la visione di Fishwife e inviando pitch semplici ma convincenti.
Questa strategia, sorprendentemente, ha funzionato: diversi investitori hanno risposto. Tra questi, Andy Dunn – fondatore di Bonobos – che ha visto in Fishwife lo stesso tipo di energia pionieristica nel reinventare una categoria dimenticata.
Il risultato? Un round pre-seed che ha raccolto tre volte il budget inizialmente previsto. Questo ha permesso al team di affrontare con più sicurezza il primo anno operativo, coprendo scorte, produzione e attività di marketing organico. Una dimostrazione che, anche senza agganci, con una visione chiara, dei primi risultati e un posizionamento forte, si può costruire fiducia e raccogliere capitale.
Ma tutto questo non sarebbe arrivato se non avessero ottenuto i primi risultati che hanno sbloccato tutte le altre dinamiche
Cosa hanno fatto con i PRIMI soldi ottenuti da familiari, amici e loro risparmi: costruire un brand, prima del prodotto
la prima vera mossa strategica di Fishwife è stata chiara: costruire un brand forte prima ancora di creare il prodotto.
Millstein e Goldfarb hanno investito subito nell’identità, a partire dai valori, visione culturale e dai codici visivi.
I Valori sono stati ripresi dagli insight culturali che hanno individuato: il bisogno di trasparenza, sostenibilità, autenticità, femminilità contemporanea e una narrazione ironica, ma consapevole della tradizione.
Questi valori sono diventati la base per l’identità visiva del brand, che hanno voluto rendere immediatamente riconoscibile.
Hanno affidato la parte visiva all’artista Danny Miller, con un brief preciso: creare una confezione che fosse una dichiarazione culturale, non solo un contenitore. Ne è nato un design pop, rétro e inaspettato, fatto di sirene, colori pastello, tipografie vive e immagini evocative. In un settore pieno di packaging anonimi e industriali, Fishwife sembrava una piccola opera d’arte da condividere su Instagram.
Questa estetica non è stata pensata come un solo un vezzo grafico: ma per generare word of mouth, riconoscibilità immediata sugli scaffali e earned media sui social, diventando uno degli asset più potenti del go-to-market.
Il design, invariato dal 2020, è diventato parte del signature style del brand.
Ma la costruzione del brand non si è fermata al packaging.
Con la stessa cura, Fishwife ha curato anche le caratteristiche del prodotto (prima di averlo): filiera trasparente, ricette gourmet, attenzione alla qualità e provenienza delle materie prime. Il tutto raccontato come parte integrante dell’esperienza. Ogni azione, dalla scelta dei fornitori artigianali in Oregon e Spagna, fino ai bundle pensati per gifting, è stata coerente con la visione del brand.
In un mercato indifferenziato, Fishwife ha usato il brand come leva per rompere l’equilibrio esistente: ha dimostrato che anche con risorse limitate, si può costruire un prodotto culturale in grado di sfidare giganti industriali.
N.B. anche le competenze interne del team sono un elemento fondamentale per decidere da cosa partire e nel loro caso, essendo le founder 2 esperte di comunicazione, brand e marketing, hanno deciso di sfruttarle e partire proprio dal brand e comunicazione.
L’elemento differenziante principale
[in Approfondimento 3, trovi un’analisi di “Come i piccoli brand crescono”]
Fishwife ha puntato sin dall’inizio su un elemento differenziante chiave:
rendere “cool” il pesce in scatola.
La loro Unique Selling Proposition (USP) può essere descritta così: portare sulle tavole dei consumatori americani un pesce in scatola di qualità eccezionale e sostenibile, presentato con un’immagine vivace e contemporanea, in grado di trasformare una scatoletta di tonno in un’esperienza culinaria trendy.
In altre parole, Fishwife non vende solo cibo, vende un cambio di percezione: da alimento povero a prodotto desiderabile.
Questa combinazione (sapore + valori + estetica) era totalmente nuova sul mercato USA e ha rappresentato il fondamento della strategia con cui il brand si è lanciato.
Prima di passare alla loro prima azione operativa, sintetizziamo i principali punti di differenziazione di Fishwife rispetto ai marchi tradizionali di pesce in scatola nella tabella seguente:
Go to Market: La Beta Box —> Validazione Senza Prodotto
Come ovviare al problema del poco budget e quindi non poter (per fortuna) produrre e distribuire da subito la loro scatoletta di pesce?
Molti founder, di fronte a un budget limitato, si sarebbero bloccati dicendo: “Non posso iniziare finché non ho un prodotto mio, perfetto, che incarni al 100% i miei valori”.
Ma qui c’è una lezione chiave che possiamo imparare dalle founder di Fishwife:
non hanno aspettato il prodotto per iniziare a costruire il brand e per entrare nel mercato.
Hanno fatto quello che in Silicon Valley si fa spesso con i prodotti tech quando non si può ancora costruire:
pretotyping
Ma non di una feature o di una piattaforma, bensì di un’identità culturale.
Fishwife ha fatto pretotyping culturale
ha testato l’attrattività del brand, dei suoi valori e del suo immaginario ancora prima di industrializzare una singola scatoletta.
Per testare l'interesse del mercato senza avere ancora un prodotto definitivo, hanno ideato la "Beta Box" nell'estate del 2020.
Si trattava di una scatola brandizzata contenente tre lattine di pesce fornite da potenziali fornitori, che avevano un prodotto che incarnava i valori di Fishwife. Il packaging, curato dall'illustratore Danny Miller, era già stato sviluppato per trasmettere l'identità visiva del brand.
Quindi hanno solo rivestito la box e le lattine con la loro Brand Identity.
Trovata la soluzione per il Prodotto ora dovevano trovare una soluzione a basso budget per la distribuzione.
Le attività che hanno deciso di mettere in piedi sono state:
La Beta Box è stata venduta esclusivamente online attraverso il sito web di Fishwife.
Sfruttare l’account della founder, Caroline Goldfarb, con 300 mila follower (Officialseanpen), anche se non proprio in target con il food, perchè era un account su meme e cultura.
spedire la box a creator e micro influencer, nel settore food, come Alison Roman e Molly Baz, per ottenere menzioni spontanee, aumentare la credibilità del brand e potenziare la distribuzione.
un’onda di earned PR scatenata — non programmata — dalla forza dei loro codici di marca e da un tone of voice volutamente irriverente, capace di trasformare ogni menzione in capitale culturale per il brand.
L’obiettivo? Triplice:
Testare il Concept: Creare HYPE intorno a una promessa, ancor prima della delivery. Valutare l'interesse dei consumatori per un prodotto di pesce in scatola premium, con filiera tracciabile e con un'estetica distintiva.
Raccogliere Feedback: Ottenere opinioni sul gusto e sul packaging.
Validare la Disponibilità a Pagare: Capire se i consumatori erano disposti a spendere per un prodotto considerato tradizionalmente economico.
Il risultato?
La Beta Box è andata esaurita in meno di un'ora, confermando l'interesse del mercato e fornendo preziosi feedback per lo sviluppo futuro del prodotto.
In più ora avevano un Caso Studio con dati veri da mandare agli Angel Investor e convincerli ad investire su delle basi reali
E di conseguenza hanno attirato PR organiche e passaparola mediatico: Grazie all’unicità del concept, Fishwife ha catalizzato l’attenzione di testate lifestyle e food molto presto. Il packaging fotogenico e la storia (due ragazze che rendono chic le scatolette) hanno portato testate come Vogue e il New York Times a parlare di Fishwife già nei primi mesi. Anche media orientati al pubblico giovane ne hanno scritto: Refinery29 e VICE l’hanno citata all’interno del trend del “cibo da ragazze cool” (#hotgirlfood) a base di tinned fish. Questa visibilità ha conferito credibilità al brand e ovviamente ha fatto impennare le vendite.
Lezioni Apprese
Importanza del Branding: Un'identità visiva forte può distinguere un prodotto anche in categorie considerate commodity. Abbassa il livello di diffidenza media negli utenti. Favorisce il passaparola. Dà a creator ed influencer materiale da condividere con entusiasmo.
Valore del Feedback: Coinvolgere i consumatori fin dall'inizio aiuta a perfezionare l'offerta.
Potenziale del DTC: Vendere direttamente ai consumatori consente di testare rapidamente il mercato e adattarsi alle esigenze reali.
Attirare PR organiche: i giornalisti devono trovare sempre prodotti e storie nuove da raccontare, quindi mettili nelle condizioni di voler raccontare la tua storia e le 2 founder ci sono risucite
COSA E’ SUCCESSO DOPO?
Costruire HYPE, ma con fondamenta di HALO
Fishwife non si è limitata a generare rumore effimero: ha architettato una struttura di marca solida [filiera trasparente, codici visivi distintivi, narrativa valoriale] che trasforma la curiosità di oggi in fiducia e appartenenza di lungo periodo:
Prodotto curato nei minimi dettagli: sardine con limone fermentato, trota affumicata dell’Idaho, salmone wild affumicato con salsa sichuan. Ricette vere, con gusto vero.
Esperienza completa: UX sito, packaging, spedizione, bundle regalo. Tutto all’altezza del brand.
Distribuzione selettiva: prima solo online (DTC), poi nei negozi gourmet (1000 punti vendita in 1 anno), poi nei Whole Foods e affini.
Il posizionamento non è stato solo un esercizio di stile. È stato un go-to-market strutturato.
Il go-to-market: founder-led, community-first, zero paid ads
[APPROFONDIMENTO 3, trovi un’analisi delle attività costruite nei primi 2 anni]
Durante i primi due anni, Fishwife non ha praticamente speso in pubblicità a pagamento: “non abbiamo fatto alcun marketing a pagamento” ha dichiarato Millstein nel 2022
La strategia si basava sullo sfruttare ogni canale organico disponibile, massimizzando PR, social e collaborazioni. Questo approccio DIY (do-it-yourself) richiedeva molto tempo e relazioni, ma Millstein sostiene che:
“se costruisci queste relazioni nel primo anno con giornalisti, influencer ecc., quelle non ti abbandonano più”
Fishwife ha fatto scuola. Ecco cosa ha fatto nei primi due anni:
Founder-led growth: Caroline Goldfarb aveva 400k follower su IG. Ha attivato la sua community, promosso il brand, avviato il passaparola.
PR organiche: Vogue, NYTimes, Refinery29, Vice... tutti hanno parlato del brand nei primi mesi. Nessuna adv a pagamento.
Influencer strategy mirata: kit inviati a Alison Roman, Molly Baz e creator foodie. Menzioni spontanee = legittimazione istantanea.
Co-branding e partnership:
con Brightland (olio artigianale)
con Parade (intimo lifestyle)
con Fly By Jing (salmone affumicato + chili crisp): sold-out istantaneo
con artisti indipendenti per merchandise e accessori a tema
Community design: hashtag, ricette condivise, email dal mare, tono ironico e relazionale.
Esperienze fisiche: pop-up, eventi, esposizioni in contesti lifestyle
Tutto questo ha costruito HYPE, ma su fondamenta solide HALO.
APPROFONDIMENTO 1
attività messe in piedi dopo il lancio con la Beta Box, che gli hanno permesso di mettere le basi per diventare uno dei brand cult del settore food.
Soft Launch sui Social Media: Utilizzo di Instagram e altre piattaforme per creare hype attorno al brand prima, durante e dopo il lancio ufficiale.
Micro-Influencer Partnerships: Collaborazioni con micro-influencer di nicchia nel settore food e sostenibilità per raggiungere un pubblico mirato.
Content Marketing Mirato: Creazione di contenuti educativi sulla sostenibilità della pesca e la qualità delle conserve, distribuiti attraverso blog e newsletter. Tipo: il libro di cucina
Pop-up Tasting Events: Organizzazione di eventi di degustazione in location selezionate per far provare il prodotto direttamente ai potenziali clienti.
Collaborazioni con Chef Locali: Partnership con chef emergenti per creare ricette esclusive usando i prodotti Fishwife, aumentando la credibilità del brand.
Campagna di PR Focalizzata: Outreach a pubblicazioni di nicchia nel settore food e lifestyle per ottenere recensioni e menzioni editoriali.
Collaborazioni con brand affini (co-branding): Un pilastro del go-to-market di Fishwife è stata l’attivazione di partnership creative con altri marchi DTC “like-minded”.
Fin dal 2021, Fishwife ha iniziato a collaborare con brand complementari che condividono valori simili o pubblico affine. Questi co-branding non solo generavano buzz (due community di fan che si contaminano), ma dimostravano anche creatività nell’innovazione di prodotto, in un settore dove di solito sarebbe “impossibile fare collaborazione di prodotto” a causa di vincoli produttivi e normativi:Una collaborazione di spicco è stata quella con Fly By Jing, noto brand DTC di condimenti sichuanesi. Nel marzo 2022, Fishwife e Fly By Jing hanno lanciato un prodotto co-branded: salmone affumicato in scatola con salsa Sichuan Chili Crisp (il celebre olio piccante di FBJ)
Brightland (olio d’oliva artigianale DTC) – creando magari bundle olio + scatolette, o ricette congiunte.
Parade (brand di abbigliamento intimo giovane) – collaborazione inusuale ma mirata a cross-promotion sui social, mostrando Fishwife in contesti lifestyle.
Haus - Ghia - Graza (drink aperitivi low-alcohol e analcolici DTC) – creando momenti aperitivo tinned-fish + cocktail analcolico.
Imperfect Foods (delivery di grocery sostenibile) – inserendo i prodotti Fishwife nel circuito di vendita di Imperfect, raggiungendo così consumatori attenti e già predisposti ai prodotti di nicchia.
Artisti indipendenti: Fishwife ha commissionato opere o merchandise a ceramiste e illustratrici (es. Rosemilk Ceramics, Anastasia Inciardi) creando collezioni limitate a tema pesci. Ad esempio, piatti o accessori decorati a tema Fishwife da vendere sul sito, rafforzando la dimensione arty del brand.
distribuzione in negozi specializzati e boutique alimentari: Entro la fine del 2021, solo un anno dopo il lancio, i prodotti Fishwife erano presenti in circa 1000 punti vendita specialty/gourmet in USA.
Questa strategia ha avuto senso: tali negozi ricercati erano l’ambiente ideale dove i consumatori potevano scoprire Fishwife sugli scaffali e dove il packaging spiccava insieme ad altri brand food DTC che erano all’epoca più conosciuti.
Esempio è con PopUp Grocer:Il successo nei negozi specializzati ha posto le basi per un ingresso nella grande distribuzione organizzata di fascia alta negli anni seguenti. Infatti, grazie alle vendite solide e al clamore attorno al brand, Fishwife è riuscita a siglare accordi con catene come Whole Foods Market, Wegmans, Sprouts Farmers Market, World Market, oltre a catene regionali come Earth Fare (nel Sud-Est) e New Seasons
APPROFONDIMENTO 2
come nasce un prodotto culturale che è in grado di lavorare in egual misura su hype and halo
In passato, i brand cercavano di plasmare la cultura attraverso pubblicità sui mass media. Oggi, la cultura si influenza creando prodotti culturali: capsule collection, contenuti, collaborazioni, esperienze retail, storytelling coerente, community. È esattamente ciò che Fishwife ha fatto fin dal primo giorno.
*Packaging come arte pop*: le lattine sono state progettate con un’estetica accattivante, a metà tra il vintage europeo e il contemporary design. Non solo per distinguersi a scaffale, ma per essere condivise online. Il packaging è diventato un codice di appartenenza culturale. Un’estensione del brand che vive dentro le community.
*Partnership strategiche*: Fishwife ha collaborato con realtà come Fly by Jing e Graza, altri brand emergenti che stavano costruendo una propria influenza culturale. Queste collaborazioni hanno permesso a Fishwife di inserirsi in conversazioni già vive, attivando un passaparola organico e aumentando le occasioni di scoperta. Ogni partnership non era solo un’operazione di marketing, ma un segnale culturale: “noi siamo come voi”.
*Creator economy e sottoculture*: Fin dall’inizio, Fishwife ha puntato su creator e tastemaker con una forte rilevanza estetica e culturale nei food circles di Instagram e TikTok. Non celebrity, ma micro-influencer con una chiara affinità con le nicchie che contano. Le loro community sono diventate amplificatori della narrazione del brand.
*Il lancio come test culturale*: prima ancora di avere una produzione propria, Fishwife ha lanciato la famosa Beta Box: una scatola contenente 3 lattine test, realizzate da fornitori europei. Il test è andato sold-out. Più che una prova prodotto, è stata una prova culturale. Ha permesso di capire se il messaggio funzionava, se le persone erano disposte a pagare, se l’estetica parlava davvero alle nuove sensibilità emergenti.
Tutte queste azioni non sono state casuali. Sono state progettate per colpire nicchie di consumatori, comunità di gusto, sottoculture urbane. In altre parole: segmenti della cultura in movimento. Perché un brand può influenzare la cultura solo se sa parlare alle culture. Quando riesci a entrare in contesti culturali diversi, moltiplichi i punti di ingresso al tuo brand. E rendi la tua storia memorabile.
Non è la tecnologia a cambiare il mondo
La tecnologia offre strumenti, ma è la cultura a determinare come li useremo.
I futurologi del passato avevano previsto l’ecommerce, ma non l’emancipazione economica femminile. Avevano immaginato le email, ma non i papà che restano a casa. Avevano ipotizzato cucine automatizzate, ma non il fatto che la gente avrebbe iniziato a mangiare da sola.
Il futuro non è nuova tecnologia.
Il futuro è persone che cambiano i loro comportamenti.
E Fishwife ha scommesso esattamente su questo.
Non ha costruito un brand per come il mondo era. Ha costruito un brand per come il mondo stava diventando. Ha previsto dove stavano andando le persone e si è fatta trovare lì. Proprio per questo ritengo che il “essere data-driven” non è positivo, ma limitante; mentre bisognerebbe essere “data inspired”, seguire, leggere e capire i dati, ma non essere guidati nelle scelte da quello che ti indicano, perchè ti indicano il passato, ma guardare i dati per osservarne le sfumature ed agire di conseguenza.
Questo approccio è ciò che distingue un brand che segue il mercato da un brand che lo crea. Per questo Fishwife non è semplicemente una startup di conserve. È un successo culturale prima ancora di essere un successo commerciale.
How small brand growth:
APPROFONDIMENTO 3
Come i piccoli brand crescono - Differenziare per avere trazione iniziale - La lezione di Fishwife
In un mercato saturo e dominato da incumbent, un piccolo brand non può permettersi di giocare secondo le stesse regole dei grandi. Non ha lo stesso budget, la stessa distribuzione, lo stesso tempo per farsi notare. Ma ha una carta potente da giocarsi: la differenziazione.
Differenziarsi non significa essere unici. Significa essere percepiti come migliori in qualcosa di specifico e, soprattutto, occupare quello spazio nella mente delle persone.
1. Perché la differenziazione conta davvero per i piccoli brand
Per un piccolo brand, la differenziazione è molto più che una leva di marketing: è una condizione di sopravvivenza.
È accessibile anche con poco budget: non serve un investimento milionario per essere diversi. Serve una scelta forte.
Spinge penetrazione e vendite: differenziarsi significa generare attrazione. E l’attrazione è la base della trazione.
Funziona nei settori ad alto coinvolgimento: come il food, dove le persone non scelgono su autopilota, ma vogliono sapere cosa comprano e perché.
🟢 Il caso Fishwife: in un mercato guidato da tonno anonimo e confezioni grigie, Fishwife ha osato un’identità visiva pop, ironica, queer-friendly, e un tone of voice radicalmente nuovo. Invece di comunicare "sano e sostenibile", ha comunicato "cool e desiderabile".
Differenziazione = scoprire un insight culturale e amplificarlo.
2. Occupare una nicchia culturale prima che diventi mainstream
I piccoli brand non devono (e non possono) parlare a tutti. Ma possono parlare prima a chi conta.
Parti da una sottocultura: trova una community, una tribù, un trend nascente.
Cavalca desideri latenti: spesso gli incumbent non li vedono, o non possono muoversi in tempo.
🟢 Il caso Fishwife: ha intercettato l’estetica delle girl dinner, la crescente attenzione per il pescato sostenibile, e il bisogno di alimenti prêt-à-manger con personalità. Non ha aspettato che questi trend esplodessero: li ha resi parte del proprio storytelling fin dall’inizio.
3. Costruire prima la differenziazione, poi la distintività
Le grandi aziende investono in distintività – loghi riconoscibili, codici di marca, jingle, ripetizione. Ma i piccoli brand devono iniziare dal contrario:
Differenziazione = "Perché dovrei comprarti?"
Distintività = "Ti riconosco anche a distanza di tempo."
🟢 Il caso Fishwife: ha iniziato con una UVP chiarissima (pesce in scatola di alta qualità, divertente e femminile), e l’ha veicolata con elementi distintivi forti: illustrazioni vintage, un nome memorabile, colori brillanti, ironia visiva. Ha prima differenziato, poi costruito asset visivi riconoscibili.
4. Focalizzarsi sull'essere “i migliori in una cosa sola”
Chi parte da zero non può permettersi ambiguità. Serve essere estremamente bravi – o almeno percepiti come tali – in una sola promessa.
Sii il migliore in qualcosa di specifico, anche se piccolo.
Rinuncia a tutto il resto, per ora.
🟢 Il caso Fishwife: ha scelto di essere la marca che ha reso sexy il pesce in scatola. Non ha lanciato altri prodotti. Non ha fatto cross-category. Ha perfezionato il prodotto, il packaging, l’esperienza di acquisto, il tono di voce, il posizionamento. Solo dopo ha espanso la linea.
5. Attivare community, non solo clienti
I grandi brand comunicano al pubblico. I piccoli brand parlano con le persone. La differenza è radicale.
Costruisci relazioni, non reach.
Attiva connessioni reali con chi ti scopre.
🟢 Il caso Fishwife: ha coinvolto micro-influencer, newsletter indie, creator nel mondo food & design. Ha costruito community prima ancora di costruire audience. Ha ascoltato, risposto, ri-condiviso. Ha fatto della community una parte attiva del suo lancio.
6. Testare prima di produrre: la potenza del pretotyping
Invece di spendere decine di migliaia di dollari per la produzione, Fishwife ha fatto una cosa semplice ma geniale:
L’estate del 2020 ha lanciato una “Beta Box”: 3 lattine fornite da produttori esterni, vendute online.
Ha validato:
il desiderio di acquisto
la disponibilità a pagare
il gusto
l’efficacia del packaging
Risultato: sold out in pochi giorni, liste d’attesa, un primo zoccolo duro di fan.
🟢 Fishwife ha dimostrato che puoi testare una categoria senza possedere ancora la filiera. Serve coraggio, storytelling, e un po’ di hacking creativo.
Conclusione: essere piccoli è un vantaggio, se scegli bene dove colpire
I piccoli brand hanno una chance reale di emergere solo se fanno cose che i grandi brand non possono o non vogliono fare. Ma serve disciplina.
Parti da un insight culturale, non da una categoria.
Differenziati radicalmente prima di cercare visibilità.
Parla prima a chi detta i codici, non alla massa.
Costruisci brand asset riconoscibili ma dopo aver centrato la tua UVP.
E soprattutto: non aspettare di avere tutta la struttura pronta per iniziare. Parti da un test reale, lanciato nel mondo vero.
Il futuro appartiene ai brand piccoli che sanno essere diversi con significato